Per l’interruzione volontaria di gravidanza in ambulatorio
Sono 8 anni che è stata introdotta la “pillola abortiva” (RU486) in Italia. Le percentuali di utilizzo della metodica farmacologica in Europa per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nei principali paesi europei sono le seguenti: Francia 57%, Inghilterra 60%, Finlandia 98%, Svezia 90%, Portogallo 65%, Italia 15%
L’Italia è ultima, non per l’ostilità delle donne, ma perché l’accesso a tale metodica è fortemente limitato – in molte realtà possiamo dire “ostacolato” – dalle modalità di ricovero consigliate/imposte dal Ministero della Salute.
Tutto ciò in spregio del dettato della legge 194, che, all’art.15, raccomanda “la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”. Poiché la procedura farmacologica è sicura, per ammissione della stessa Ministra Lorenzin nelle ultime relazioni al Parlamento sullo stato di applicazione della legge, ed è considerata dalle più importanti linee guida internazionali il metodo di scelta per le IVG nelle prime 7 settimane di gravidanza, andrebbe sostenuta e promossa in alternativa alla procedura chirurgica.
Nella stragrande maggioranza dei paesi i farmaci per la IVG farmacologica vengono dispensati in regime ambulatoriale, in strutture analoghe ai nostri consultori, o addirittura dai medici di medicina generale che abbiano ricevuto una formazione specifica. In Italia, invece, per tale procedura è previsto il regime di ricovero ordinario, ossia una ospedalizzazione di almeno 3 giorni, dal momento della assunzione della RU486 fino alla avvenuta espulsione. Solo 3 regioni (Emilia Romagna, Toscana e Lazio), “disobbedendo” alle direttive ministeriali, hanno adottato il regime di day hospital.
Nonostante i pareri espressi dal Consiglio Superiore di Sanità, non esiste in letteratura alcun dato che giustifichi un ricovero ospedaliero per la IVG farmacologica. L’esperienza ormai più che decennale degli altri Paesi dovrebbe dunque spingerci a modificare le nostre pratiche, anche in nome della appropriatezza delle prestazioni. E’ opinione del Ministero della Salute che il concetto di appropriatezza si pone ormai “al centro delle politiche sanitarie nazionali, regionali e locali, costituendo la base per compiere le scelte migliori, sia per il singolo paziente che per l’intera collettività: il ricorso inappropriato alle prestazioni rappresenta infatti un fattore di notevole criticità, in grado di minare alle fondamenta la sostenibilità e l’equità del sistema.” Lo stesso Dicastero ritiene che evitare l’inappropriatezza nelle prescrizioni e nelle prestazioni potrebbe portare ad un risparmio di ben 13 miliardi di euro.
Durante un question time alla Camera il 19 Aprile 2017 il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha ricordato le stime sugli aborti clandestini e illegali che ogni anno in Italia fanno gridare allo scandalo. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel 2012 gli aborti illegali sarebbero da 12 ai 15 mila casi di donne italiane, cui aggiungere dai 3 ai 5mila casi di donne straniere giunte nel nostro Paese.
Diverse associazioni hanno mandato una richiesta alla Ministra della Salute Beatrice Lorenzin di poter effettuare l’aborto medico (o farmacologico) anche in regime ambulatoriale. Tra queste c’è AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto), l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, l’AIED (Associazione Italiana Educazione Demografica), AGITE, SMIC, Vitadidonna onlus, Libere tutte- Firenze, Coordinamento difesa 194-Toscana, Laboratorio per la laicità – Firenze, Il Giardino dei ciliegi – Firenze, Coro Lemusiquorum , Coro Mnemosine, Casa internazionale delle donne, LAIGA, Consulta di Bioetica e UAAR
Tra i sostenitori dell’appello ci sono parlamentari, medici, scrittrici, la prima firmataria è Emma Bonino, già Ministra degli Affari Esteri.
E’ scelta della donna se avere o no figli e lo Stato italiano riconosce il diritto all’interruzione di gravidanza. Le considerazioni etiche e politiche sul tema di ogni persona non devono ledere la libertà di scelta della donna e l’effettivo accesso a questo servizio sanitario.
Con le consigliere Franceschini e Lusenti abbiamo depositato una mozione per supportare la proposta delle associazioni per permettere l’interruzione di gravidanza in regime ambulatoriale come avviene nel resto d’Europa. Per questo chiediamo al comune di fare iniziative pubbliche, comunicazione e prese di posizioni pubbliche sulla stampa sul tema dell’interruzione di gravidanza in collaborazione con AUSL e ospedali.
A trasmettere il documento alla Regione Emilia Romagna, al Parlamento Italiano e al Ministero della Salute con l’indirizzo per l’approvazione di una legge regionale e nazionale per garantire alle donne che vorranno avvalersi di questa prestazione medica il miglior servizio con il giusto tempo.
Perchè è scelta della donna se avere o no figli e lo Stato italiano riconosce il diritto all’interruzione di gravidanza. Le considerazioni etiche e politiche sul tema di ogni persona non devono ledere la libertà di scelta della donna e l’effettivo accesso a questo servizio sanitario.