
Stazione: “Dobbiamo riaffermare la legalità”
Scontiamo un grande ritardo e sottovalutazione del problema sicurezza. La politica di governo ha dormito.
L’arrivo dell’esercito in zona stazione a Reggio Emilia non è una vittoria di cui vantarsi. È una misura estrema che arriva troppo tardi, dopo anni in cui si è parlato del problema sicurezza senza mai affrontarlo davvero, soprattutto a causa dell’estrema opposizione della maggioranza alla misura in questione. È il minimo sindacale, il tentativo di contenere un’emergenza che era sotto gli occhi di tutti, segnalata più e più volte dai cittadini lasciati nell’indifferenza delle istituzioni,che si è lasciata degenerare fino a diventare ingestibile.
In queste ore si assiste a una corsa politica a chi ha avuto l’idea per primo, a chi può intestarsi il merito dell’arrivo dell’esercito,invece di pensare a ciò che dovrà essere fatto dopo l’arrivo dell’esercito e a come affrontare il disagio e la criminalità e soprattutto a prevenire che invece che debellati si spostino semplicemente da un’altra parte come già accaduto per le reggiane.
L’esercizio è il punto di partenza
Se siamo arrivati a dover chiedere l’intervento dell’esercito è perché per anni il quartiere stazione è stato ignorato e lasciato a se stesso nonostante le continue segnalazioni dei cittadini esasperati a tal punto da voler svendere le proprie abitazioni o a denunciare in diretta nazionale di essere prigionieri nelle loro stesse case,del loro quartiere,di sicuro non una bella pubblicità per Reggio Emilia
L’intervento dell’esercito segna un punto di partenza. Non possiamo più permetterci di adagiarsi su soluzioni straordinarie che rischiano di diventare alibi per tornare all’inazione.
Serve una strategia strutturale
Serve un tavolo permanente, che coinvolga tutte le realtà istituzionali e sociali: prefettura, questura, associazioni, volontari, insegnanti dei corsi di lingua, operatori dei progetti di inclusione, chi lavora ogni giorno con chi vive il disagio sociale sulla propria pelle.
Sono loro, per primi, a sapere cosa funziona e cosa no. Sono loro che toccano con mano la realtà della marginalità, della povertà estrema, della migrazione senza tutele. Sono loro che possono dirci da dove cominciare davvero. A partire da un censimento reale delle persone che abitano – spesso invisibili – la zona stazione: nei garage, nei locali abbandonati, in strada.
A partire da un presidio sociosanitario stabile ed un potenziamento immediato delle forze dell’ordine, insomma politiche serie, concrete e continue, che diano un segnale forte ai residenti del quartiere e a tutta la città.
Ci vorranno anni per affrontare questo problema, ma se si continua a ricorrere soluzioni che limitino i danni senza una visione chiara di una soluzione del problema,gli anni diventeranno secoli,perché come già detto in precedenza i militari non sono la cura ma un palliativo,ad una situazione che non può e non deve mai più essere ignorata e che va affrontata ora per il bene della città ma soprattutto delle persone che la abitano, perché R eggio Emilia vuole e deve tornare ad essere “la città delle persone” ora più che mai.